mercoledì 23 settembre 2009

Durissima repressione militare in Honduras


I manifestanti pro Zelaya intorno all'ambasciata brasiliana attaccati dalla polizia. Feriti, arrestati e forse anche dei morti


"Siamo a diciassette ore di coprifuoco. E continuerà ancora. Polizia e militari hanno rotto i vetri delle auto e delle moto delle persone della resistenza. Stanno bruciando le loro auto. Si parla di tre morti. Feriti e coloro i quali sono stati trasportati in ospedale, sembra che i militari li stiano prelevando e portando via. Per portarli allo stato Chochi Sosa (proprio come fece Pinochet). Per favore aiutateci a diffondere questa notizia!"
D.E. Honduras.

Questa è una voce, delle tante, che si rincorrono via internet per gridare al mondo quanto sta accadendo in Honduras. La morsa della violenza repressiva degli uomini di Roberto Micheletti, il presidente golpista che, sostenuto dall'elite economica, sta governando il paese con il pungo di ferro. Da quando il presidente deposto, Manuel Zelaya, è riuscito a rientrare nel paese, fino a raggiungerne la capitale e barricarsi nell'ambasciata brasiliana, le forze dell'ordine cercano di fermare i manifestanti che, senza sosta, stanno invadendo le strade del paese per accogliere il presidente legittimo. Decine i feriti, tanti gli arrestati e probabilmente tre morti. Lo riportano anche fonti di TeleSur, che ha inviati sul posto.

"Sto diffondendo un rapporto dal centro di detenzione extragiudiziale di Villa Olimpica, nello stadio Chochi Sosa. Ci informano che oltre 120 persone sono lì detenute illegalmente. Tra loro dei feriti, anche gravi", denuncia Radio Liberada.

"Amiche e amici, mi trovo nell'edificio vicino all'ambasciata brasiliana, insieme a trenta compagne e compagni, ,a maggioranza appartenenti ad Artistas del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado. Ci siamo riuniti qui per riposare, coscienti che da un momento all'altro l'esercito e la polizia entreranno nel perimetro dove assieme ad altri cinquemila persone circa volevamo offrire la nostra protezione al presidente Manuel Zelaya. Hanno attaccato alle 5.45 con fucili e lacrimogeni. Hanno ucciso un numero non precisato di uomini della prima barricata alla fine del Ponte Guancaste. Poi hanno virato e attaccato la barricata del ponte de La Reforma. Calcolando approssimativamente, l'operativo ha contato circa mille effettivi tra polizia e militari. Hanno caricato e colpito. Diciotto feriti gravi sono stati ricoverati nell'Hospital Escuela. Continuano a reprimere nel Barrio Morazán e nel Barrio Guadalupe gli studenti coraggiosi che si erano barricati dalla notte.
Davanti all'ambasciata del Brasile hanno installato un altoparlante con l'inno nazionale a tutto volume. Il presidente resta dentro, minacciato dai golpisti che grazie ai mass media di regime già hanno esplicato le loro ragioni per allontanarlo.
Migliaia di persone che si stavano dirigendo a Tegucigalpa sono stati arrestati nei pressi della città, che è vuota, una città fantasma. Il coprifuoco è esteso a tutta la giornata. La repressione contro manifestanti indifesi è brutale. In varie occasioni Radio Globo e Canal 36 sono state oscurate. Centinaia gli arrestati.
Qui siamo il nucleo principale degli organizzatori dei grandi eventi culturali della resistenza al golpe: poeti, cantautori, musicisti, fotografi, registi, pittori e pittrici, esseri umani". Firmato F.E.

E ancora. "Da qualche ora commandos della polizia, delle forze speciali Cobra e dei militari stanno aggredendo la gente che si trova intorno all'ambasciata brasiliana. Sono stati confermati due morti per ferita da arma da fuoco, sparati durante lo sgombero forzato. Gas lacrimogeni e spari tutto intorno all'ambasciata e vicino al palazzo dell'Onu, dove lo sgombero prosegue. È stata anche violata la sovranità brasiliana, in quanto un lato dell'edificio è stato colpito. In vari punti del paese si sente che a centinaia siano stati arrestati nei vari posti di blocco instaurati per evitare che la gente continui ad affluire Tegucigalpa. Ci appelliamo alla comunità internazionale, affinché con urgenza intervenga per esigere la fine della repressione immediatamente".

"Ci stanno massacrando. Stanno attaccando l'ambasciata del Brasile. Sono ormai centinaia i feriti. La vita del presidente e della sua famiglia è in pericolo. Gli organismi internazionali devono intervenire. La repressione è in tutto il paese. Abbiamo bisogno di una solidarietà attiva, effettiva per fermare la barbarie. La resistenza continua, pacifica". Oscar Amaya Armijo.
E ancora. "Le forze repressive del governo golpista ha lanciato una caccia al popolo honduregno nelle strade di Comayaguela e Tegucigalpa. Nei pressi dell'ambasciata brasiliana ci sono molte persone ferite. Alcuni sono scomparsi. Chiediamo aiuto a tutte le nazioni del mondo. Fermiamo questa barbarie. Ci appelliamo a tutti i paesi che si sono detti nostri amici, aiutateci ora. Non possiamo aspettare domani. È urgente! Le nostre vite sono in pericolo. La vita stessa del presidente e dei suoi familiari. Questa repressione è brutale". Anonimo. Dall'honduras.

"Purtroppo i pazzi si sono dimostrati quello che sono! Meno di un ora fa verso le 5 e mezza del mattino i militari e la polizia hanno attaccato la gente fuori dall´ambaciata del Brasile! Lacrimogeni e spari, repressione dura! Pattuglie ovunque per la capitale. Quella che era una festa nazionale l´hanno trasformata in una tragedia. Arrivano giá notizie di molte persone ferite, di bambini che nel fuggi fuggi si sono persi, di arresti a chiunque sia per le strade. Ci sono gia molte persone negli ospedali. Nel frattempo da tutto il paese si sta muovendo la gente, con i rischi che comporta mettersi in strada ora. Vi terró informati se sará possibile".

Questa la terza mail della cooperante italiana che sta sfidando repressione e coprifuoco pur di far arrivare la verità oltre il muro della censura imposta dal governo golpista. La situazione sta degenerando, com'era prevedibile e in puro stile Micheletti. E la reazione è appena cominciata, dato che l'Honduras si è appena svegliato, a colpi di manganello.

A nulla per ora valgono gli appelli del presidente legittimo, chiuso nell'ambasciata brasiliana a Tegucigalpa, e dei paesi dell'Osa, Stati Uniti in testa, a incamminarsi sulla via del dialogo, verso la democrazia ed elezioni regolari. La violenza è l'unica arma che per adesso dimostrano di conoscere i golpisti.

Fonte: Peace Reporter

2 commenti:

Sendivogius ha detto...

Italiani all'estero: Roberto Micheletti; l'immigrazione che piace ai fascisti.

laritorna ha detto...

Sull'Honduras si sa poco o niente. Forse l'intera area centro americana è fuori moda. Come conterraneo mi sento veramente orgoglioso di questo Micheletti: evviva il lavoro italiano! Mandiamo Tremaglia a dargli un premio.